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USA on the road 8 – Il Grand Canyon

Prima di partire per l’america, durante la fase di “selezione” delle cose assurde e meravigliose che avremmo voluto vedere, sono caduto in un grave errore semantico che ha rischiato di compromettere la parte di viaggio nella zona dei grandi parchi.

Molti di essi infatti contengono la parola “canyon” all’interno del nome. Il Grand Canyon ne è l’esempio più fulgido ovviamente, ma osservando la zona sulla mappa sembra proprio che ogni parco ruoti attorno, o quantomeno contenga, un canyon. Qualche altra casistica: Bryce Canyon, Canyon de Chelly, Antelope Canyon, Black Canyon of the Gunnison, Canyonlands (qui devono essercene proprio tanti), Glen canyon. Persino Zion, col suo nome cosi esotico ed evocativo, è in realtà un canyon.

Muovendo da questi presupposti mi sono chiesto: “non ci romperemo le scatole a vedere tonnellate di canyon per una settimana di fila? Saranno mica tutti uguali!?”.

Niente di più sbagliato. Seguire questo ragionamento sarebbe stato un abbaglio. C’è solo un errore più grave che si può commettere in america, ed è ordinare una bottiglia d’acqua a cena al ristorante. Ma questa è un’altra storia.

Zigzagando un po’ follemente tra Utah ed Arizona abbiamo avuto modo di visitare tre ”canyon” magnifici, ognuno dei quali potrebbe concorrere per la top ten dei posti più belli del mondo.

L’immancabile Grand Canyon, il fotogenico Antelope ed il sorprendente Bryce Canyon. In comune hanno solo la definizione perché all’atto pratico si rivelano estremamente diversi tra loro. Nelle forme, nelle dimensioni, nel colore e nelle modalità con cui approcciarli e viverli.

Nulla può prepararvi alla vastità del Grand Canyon. Dopo 4 ore di macchina nel deserto dell’Arizona, superato col nostro pass America the Beauty il gabbiotto dei ranger, ci affacciamo finalmente sull’orlo del South Rim. Davanti a noi si apre uno spettacolo grandioso. Certamente il panorama più vasto su cui abbiamo mai posato gli occhi, per l’ampiezza del campo visivo, per la profondità verticale del canyon, per la lontananza del rim opposto, la cui distanza è praticamente impossibile da valutare.

Panoramica del Grand Canyon – foto di C. Vitali

Il Gran Canyon è profondo circa 1500m, lungo più 400 km e la distanza in linea d’aria tra le due sponde arriva a toccare i 27km. Al di là dei numeri che forse impressionano o forse no, ciò che si prova affacciandosi sul bordo è la percezione del concetto-base di vastità. Il grand Canyon ne è l’archetipo primordiale ed il termine di paragone irraggiungibile. Il sottoscritto si considera un cacciatore di paesaggi che da molti anni si enerpica su sentieri sassosi cercando punti di vista dominanti e spettacolari. Mi è chiaro fin da subito che la ricerca finisce qui. Da oggi in poi ci sarà un’estenuante e frustrante tentativo di trovare qualcosa che possa quantomeno eguagliare la grandiosità di questo panorama.

La sensazione di dominio che si prova affacciandosi sul rim prevale sulla soggezione che solitamente si prova di fronte alla grandezza della natura. Questo probabilmente a causa della facilità con cui si arriva sul ciglio del burrone. La strada asfaltata corre infatti molto a ridosso del bordo per chilometri, rendendo di fatto la vista accessibile a tutti. In alcuni punti si può apprezzare il panorama senza neanche scendere dal veicolo. Sentieri comodi, servizi, parcheggi, bar, cartelli ed indicazioni ovunque.

L’organizzazione del parco è impressionante. Ciò che non è raggiungibile in macchina lo è tramite le navette, gratuite e puntuali.

Tutto questo è molto bello e democratico perché consente anche a persone svantaggiate o con difficoltà motorie di visitare il parco. L’altra faccia della medaglia però è un discreto affollamento e la sgradevole sensazione, tipica di chi frequenta la montagna seppur saltuariamente, di non “esserselo meritato”. In Europa per godere di un panorama di questo livello bisogna faticare sui sentieri , sudare sotto il sole e rischiare pioggia e grandine. Bisogna farsi un culo cosi insomma. La facilità con cui si parcheggia l’auto e si passeggia sul ciglio del Grand Canyon è disarmante. Mi lascia perplesso e vagamente insoddisfatto. In compenso potrò tornare in Italia e raccontare ai miei amici pigri che ho trovato il posto con il miglior rapporto panorama/fatica del mondo.

Intervento divino pro fotografi – foto di C.Vitali

Il resto della giornata trascorre visitando i vari view points, scattando foto in cui il soggetto sembra sia pericolosamente sospeso sul canyon e giocando ad avventurarsi sempre più vicino al ciglio non protetto. Il tramonto giunge in fretta ed una manciata di nuvole ci nega il trionfo dorato degli ultimi raggi di sole che tingono le rocce. Sarebbe stato il grandioso coronamento di questa giornata, ma ci dobbiamo accontentare. Il bel tempo infatti qui non è mai scontato.

Sentieri che scendono nell’abisso

L’unico punto debole del Grand canyon come meta turistica è la difficoltà di intraprendere i sentieri che scendono sul fondo, dove scorre Colorado. Il dislivello è notevole, basti pensare che il South Rim si trova oltre i 2000 m d’altezza ed il fiume scorre 1500m più in basso. La difficoltà maggiore è data però dal fatto che all’interno del canyon fa molto caldo. Questo elemento si può facilmente trasformare in una trappola. Iniziate la discesa tranquilli e fiduciosi accompagnati dall’aria frizzante del mattino in montagna. Arrivate sul fondo e vi trovate in un inferno a 35° con i mille e cinquecento metri in salita che vi aspettano. Parecchia gente rimane giù e ai ranger tocca andare a recuperarli. Lo so perché lo scrivono sui cartelli ogni cento metri circa.

Ci sarebbe piaciuto tentare l’impresa, ma non avevamo tempo a sufficienza e poi in fin dei conti il panorama migliore è quello che si vede dall’alto no?

USA on the Road, Capitoli Precedenti

3 – Il sound di New Orleans

4 – Big country, big gun!

5 – I big skyes del Texas

6 – Altipiani, Rockies e parchi nascosti in Colorado

7 – I deserti dell’Arizona

Viaggiatore da una vita. Ho piantato la tenda sull'aspra brughiera delle Orcadi e sorseggiato mojhito sulla sabbia bianca di Bora Bora. Ho visitato il cuore rovente dell'Islanda ed attraversato gli USA da un oceano all'altro. Ho conosciuto un filosofo cubano di nome Aristoteles, e visto i Sami giocare a calcio alle tre del mattino in un'area di servizio oltre il circolo polare artico. Ho cotto gli spaghetti nel Tiergarten di berlino ed ero a Times Square la notte che Trump ha sconfitto l'america. Mi muovo a piedi in bicicletta, in treno e in automobile: ad ogni viaggio il suo mezzo. Ma meglio se leggero. Sono fermamente convinto che l'Italia sia il paese turisticamente più importante del mondo, se vissuto fuori stagione. Tuttavia amo trascorrere l'estate al fresco nel Grande Nord. Cicloturista enogastronomico dell'era Decathlon, mi considero più un cacciatore di paesaggi che un Trekker vero e proprio. Ho comunque al mio attivo un 4000 e numerose cime minori. Ho viaggiato con tre, cinque, dieci amici, alcuni dei quali scrivono in questo blog. Oggi viaggio con mia moglie che scatta fotografie e traccia la rotta col GPS, ma non rinuncio mai alla sensazione del dito che scorre su una carta geografica. Mio figlio a 6 mesi ha già raggiunto quota 2.400 e calcato alcune delle spiagge più belle del mediterraneo. Sta buono solo in viaggio. Credo che farà grandi cose.

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